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Giovedi 6 febbraio – La serata dei duetti RITA PAVONE con AMEDEO MINGHI. LA STORIA DI “1950”. Serenella, una ragazza fra la guerra e il Duemila
La diade AMEDEO MINGHI – GAIO CHIOCCHIO
Il quadriennio discografico (1983-1987) sigla la collaborazione artistica fra il poeta Gaio Chiocchio e Amedeo Minghi. Uno stile che coniuga le incalzanti melodie di Amedeo Minghi, alle storie cinematografiche nate nelle conversazioni notturne con Gaio Chiocchio.
1950, St. Michel, La casa lungo il Tevere, Sottomarino, Ladri di Sole, e ancora: Quando l’estate verrà, Cuore di Pace, Gomma americana, Emanuela e io, Anni ‘60, La breccia e tante altre canzoni che mettono al centro delle storie, una donna che si chiami Serenella, Ondina, Emanuela o semplicemente Lei, poco importa; una ragazza, “fra la guerra e il duemila”.
1950 fu appuntata su pezzi di carta in una piccola stanza a Sutri.
Di lì a poco fu incisa al pianoforte nel provino che tutti conoscono; il discografico Vincenzo Micocci, fautore dell’incontro fra Amedeo Minghi e Gaio Chiocchio, s’innamorò da subito dell’intensità di quella canzone e preferì non toccare nulla dell’incisione e portarla al festival di Sanremo del 1983.
L’esperienza non fu gratificante: il brano arrivò ultimo accanto a quello di Vasco Rossi “Vita spericolata”.
Successivamente ebbe una seconda vita grazie a Gianni Morandi che la incise e la portò in tour.
Considerata una delle canzoni più belle di tutti i tempi, 1950 è il brano manifesto del percorso artistico di Amedeo Minghi. Una cifra inconfondibile, un crescendo di emozioni raccontato attraverso la tipica profondità del melodista romano. Scritta con Gaio Chiocchio, poeta e pluristrumentista.
Racconta una pagina di storia della nostra Italia attraverso gli occhi vividi di Serenella.
“1950 fu prodotta da Italo Greco (Lilly) e Vincenzo Micocci”, ricorda Minghi. “Quella che fu pubblicata, era in realtà il provino. Oltre alle armonizzazioni, suono pianoforte e la batteria. Erano gli anni della It di Vincenzo Micocci, l’inventore dei cantautori. In quegli anni (fine anni settanta) orbitavano giovani sconosciuti come Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Giorgio Lo Cascio, Rosalino Cellamare, Riccardo Cocciante, Zero e la It aveva un contatto diretto con la grande Rca italiana. Nella scuderia: Rino Gaetano, Edoardo De Angelis, Gianni Togni, Sergio Caputo, Grazia Di Michele, Enzo Carella, Mario Castelnuovo, Paola Turci, Goran Kuzminac e tanti altri. Nostro dirimpettaio era Lucio Dalla, che si appoggiava a un mezzanino e spesso ci veniva a trovare… c’era un fermento straordinario. Io e Gaio ci siamo conosciuti lì, e in un periodo intensissimo abbiamo scritto canzoni che appartengono ad un comune passato… che dirompente ritorna. Trascorrevamo giorno e notte insieme, dormivamo in due letti in una sua stanza, ma le cose migliori accadevano di notte: 1950 nacque così, mettemmo insieme tutti pezzi di carta fino ad arrivare a studio per poi rileggere e cantare…
Con Gaio le cose accadevano in questo modo, stando insieme molto, moltissimo tempo eppure, le canzoni avvenivano in corsa… c’era una vivacità pazzesca…Tornando da Sutri, dove andavamo a registrare, si facevano spesso le due, le tre di mattina …
Quella notte cominciò a nevicare e noi stavamo entrando a Roma. Gli ho detto allora: «Gaio, andiamo a San Pietro». Ci trovammo dentro il colonnato della piazza con la cupola davanti agli occhi; ci fumammo una sigaretta in silenzio in quella palla di vetro: tutto sembrava fermarsi, alle spalle un poliziotto, qualche passante di fretta, la neve scendeva… e noi ci sentivamo vivi”.
AMEDEO MINGHI e RITA PAVONE
La prima collaborazione risale al 1977 e per la RCA esce l’LP Rita ed io.
Il titolo riprende l’omonima trasmissione televisiva condotta da Rita con Carlo Dapporto.
Nel lato A il secondo brano Ti perdo e non vorrei è firmato da Amedeo Minghi e Roberto Mercanti, pseudonimo di Roberto Fia. L’LP fu distribuito anche all’estero. Arrangiamenti e orchestra portano la firma di Franco Micalizzi, autore fra l’altro della colonna sonora de L’ultima neve di primavera per la regia di Raimondo Del Balzo. Rita aveva una lunga e navigata carriera artistica alle spalle. Pel di carota incarnava televisivamente, negli anni sessanta, una icona ribelle con uno straordinario talento musicale che la fece diventare popolare in tutto il mondo: possiamo ritenerla a tutti gli effetti una delle prime interpreti che portò la canzone italiana all’estero.
Negli anni settanta poi, accanto al percorso musicale che l’ha resa celebre, intensifica la collaborazione con raffinati autori fra i quali ricordiamo oltre a Minghi, Maurizio Fabrizio e Claudio Baglioni.
La canzone Ti perdo e non vorrei, sarà ripresa nell’ormai rarissimo 33 giri del 1979. Rita & l’anonima ragazzi prodotto da Gewarsa International Orchestra.
In occasione dei 70 anni di Rita Pavone, nella trasmissione Porta a Porta (21/09/2015) di Bruno Vespa, i due artisti si ritrovano insieme a cantare quel brano.
“È la più completa cantante italiana”, dice Minghi della Pavone. “Scrissi per lei Ti perdo e non vorrei con il mio carissimo amico Roberto Fia; il provino arrivò a Rita Pavone e Teddy Reno, che se ne innamorarono. Decisero di inciderla subito anche se, fuori dalle traiettorie di quell’album e non priva di forti contrasti con il mondo discografico di allora. Quindi il vero successo fu all’estero, in Francia dove il brano ricevette alcuni riconoscimenti di rilievo. Un altro aneddoto legato a Rita Pavone e a questa canzone, è invece più recente. A Cortina d’Ampezzo, nell’estate 2006, in occasione della presentazione del mio libro “L’ascolteranno gli americani”, quella sera in platea, seduta in prima fila, c’era Rita. Chiesi ai miei collaboratori di cercare la base di Ti perdo e non vorrei, così la omaggiai davanti a tutti e il pubblico rispose con un grande applauso, una vera ovazione, ma il mio intento era ancora più ambizioso: mentre cantavo per la prima volta questo brano, con un gesto invitai Rita a salire sul palco e, avendo predisposto su leggio le parole del testo scritte a caratteri ben visibili, ci ritrovammo a cantare insieme. In quella occasione Rita Pavone ruppe la sua promessa di non esibirsi più. Fra gli applausi infatti, ancora incredula esclamò: «Amedeo m’hai fregato! Mi hai fatto rompere un giuramento…» Fatto sta che Rita è tornata a cantare. È un fenomeno musicale, per grinta, duttilità. Lei fin da giovanissima sapeva cantare, non come cantano i bambini in televisione che imitano i grandi, ma lei già da adolescente interpretava, era già una grande interprete di fama mondiale”.
“Tornare sul palco dell’Ariston con Rita Pavone”, conclude il cantautore “significa molto per uno come me che da sempre ama la sua voce e l’intensità della sue interpretazioni. Ritornare poi con un brano come 1950 clamorosamente bocciato dal Festival di Sanremo del 1983, è la dimostrazione palese che le belle canzoni sanno di farcela comunque e il Festival permette a questa canzone una bellissima rivincita. Un pensiero speciale poi a Gaio Chiocchio, indimenticabile compagno artistico, trascurato”.